«Aggiungo una punta di comicità alle cose più serie».
Aspetti delle ultime lettere di Nietzsche
Vivetta Vivarelli
1. L’epistolario di Nietzsche si può considerare per diversi aspetti un punto d’osservazione privilegiato per gettare uno sguardo non soltanto su aspetti “privati” della vita del filosofo, vicende biografiche, amicizie, affetti o problemi editoriali: in realtà emergono spesso questioni di più ampio respiro, musicologiche, estetiche, storiche e filosofiche. Tra l’altro ci si potrebbe ragionevolmente aspettare che, nella corrispondenza, la tensione stilistica in qualche modo si allenti a favore di un registro più colloquiale e immediato. Invece, nonostante il tono spesso confidenziale, lo stile resta sempre sorvegliato, ironico, denso di allusioni e citazioni nascoste, con un alto tasso di letterarietà e una quantità sorprendente di intermezzi poetici, soprattutto descrittivi. Forse non è un caso che Nietzsche fosse un lettore appassionato di corrispondenze, soprattutto degli scrittori francesi a lui più cari, di cui predilige l’esprit, o una sincerità che spesso rasenta il cinismo o la sfrontatezza. Si pensi all’importanza che hanno avuto per lui le lettere dell’abate Galiani a Madame d’Épinay. Legge inoltre la Correspondance inédite di Stendhal e la Correspondance di Balzac; le Lettres à une inconnue e le Lettres à une autre inconnue di Mérimée; le Lettres à George Sand di Flaubert e inoltre le Correspondances inédites di Baudelaire. Nella sfera privata di questi autori cerca probabilmente aspetti meno ufficiali e più segreti che gli permettano di esercitarsi come psicologo, ma anche quelle qualità di introspezione e analisi dissacrante e spregiudicata del proprio tempo che lo avevano tanto attratto nei moralisti francesi. Per certi aspetti lo stile di questi ultimi sembra rivivere nei carteggi letti da Nietzsche in una fase più recente. E nelle lettere anche Nietzsche pare adeguarsi a questi modelli vecchi e nuovi ma, più che una semplice assimilazione stilistica, si tratta di una vera e propria sintonia spirituale: in lui troviamo spesso la stessa eleganza, la stessa tournure d’esprit, lo stesso modo di ragionare[1]. Un’altra caratteristica che colpisce nelle lettere di Nietzsche è la sua straordinaria capacità di uniformarsi di volta in volta al destinatario delle sue lettere. Questa caratteristica era stata messa in rilievo da Overbeck[2] che riconobbe come preoccupante indizio la perdita di questa facoltà nelle lettere della follia, allorquando il tono divenne paurosamente uniforme nella sua esaltazione. Invece uno dei caratteri distintivi delle sue lettere è proprio la continua variazione del registro a seconda degli interlocutori: spiritoso con Seydlitz, galante e rispettosissimo, quasi all’antica, con le anziane e le giovani amiche (eccettuate le ultime gelide lettere a Cosima Wagner o a Malwida); affettuoso e spesso malinconico con la madre, di una sincerità e di una devozione commovente con gli amici di una vita come Overbeck, a cui sono dedicate alcune delle lettere più belle fino alle soglie della follia; duplice con la sorella, alla quale solo da ultimo arriva a dire in parte quello che pensa veramente; mentre in genere si osserva una differenza marcata tra il tono degli abbozzi – sfoghi rari, improvvisi e umorali ma di una lucidità estrema – e le lettere effettivamente inviate, in cui Nietzsche non riesce a rinnegare del tutto l’antico legame affettivo.
2. Nella corrispondenza – assai più che nelle opere o nei quaderni – Nietzsche sembra tracciare un proprio diario interiore, rendendo conto a parenti e ad amici delle proprie scelte esistenziali e di una “pratica filosofica” quotidiana: la filosofia che si trasforma in stile di vita. Alla stregua di un’autoprescrizione dietetica contro il pessimismo si può considerare la tendenza, che tende ad accentuarsi negli anni, all’umorismo, a un tono faceto e scanzonato con cui guarda la realtà ma anche e soprattutto se stesso. Analoga per certi versi alla risata con cui Zarathustra sconfigge i fantasmi del nichilismo. Spesso si tratta di un umor nero, che egli si diverte persino a teorizzare in una lettera a Köselitz del 17 maggio 1888: «Caro amico, mi perdoni per questa lettera forse troppo allegra: ma dopo aver passato giorni e giorni a “trasvalutare valori” e aver avuto buoni motivi per esser molto serio, c’è qualcosa di fatale e inesorabile che spinge all’allegria. Pressappoco come a un funerale...» (eKGWB/BVN-1888,1035). La compresenza di due registri apparentemente scollegati, in realtà interconnessi come la maschera e il volto, è quello che forse sorprende di più nelle lettere. Gli accenti enfatici generati da uno sconforto che talora rasenta la disperazione, pur non essendo la nota dominante o il basso continuo del carteggio, rischiano tuttavia di soverchiare gli altri. Assai più caratterizzante appare invece il tono ironico o sarcastico con cui Nietzsche affronta anche questioni cruciali, talora drammatiche come il terremoto di Nizza, l’antisemitismo o l’avventura paraguaiana della sorella che terminerà col suicidio del cognato. Tra l’altro l’intonazione allegra e autoironica non esclude passi di tono fortemente ispirato, ma anche intelligentemente “propagandistico”, come la descrizione che fa di sé a uno sconosciuto:
3. Vengo da mille abissi, su cui non ha mai osato affacciarsi nessuno sguardo, conosco altezze dove nessun uccello ha mai volato, ho vissuto sul ghiaccio – sono stato bruciato da mille nevi: mi sembra che caldo e freddo nella mia bocca siano un’altra cosa (eKGWB/BVN-1888,1162)
4. Nietzsche mutua dai suoi modelli francesi quello che chiama «esprit gaillard», di cui parla nella lettera del novembre 1887 a Overbeck quando, ripensando ai suoi dieci anni di malattia, di solitudine e incomprensione dichiara: «Per fortuna ho abbastanza esprit gaillard, per cui ogni tanto mi prendo gioco di questi ricordi, come pure di tutto quello che riguarda solo me» (eKGWB/BVN-1887,951). È lo spirito di Montaigne, e si tratta in fondo anche di quella «gaieté» unita alla «belle vertu de vaillance» di cui Bourget lamenta la perdita nei suoi contemporanei, i quali nutrono il loro pessimismo con la filosofia di Schopenhauer: «On s’écrie: c’en est donc fait de la vieille gaieté française... Entre parenthèse, je cherche en vain cette gaieté, cette légère et allègre manière de sourire à la vie en la chansonnant, et dans Pascal, et dans La Rochefoucauld, et dans La Bruyère, et dans Bossuet»[3].
5. Nietzsche pare esercitare questo talento, che è al contempo una personalissima terapia filosofica, di fronte a tutto quanto lo ossessiona o lo opprime, in primo luogo il rovello dell’incomprensione. Come confessa a Fuchs, si sente costretto a fare il buffone per reagire alla totale assenza di risposte che si è avuta di fronte a un’opera come lo Zarathustra: «da allora faccio in realtà solo pagliacciate, per riuscire a padroneggiare una tensione e una vulnerabilità insopportabili» (eKGWB/BVN-1888,1064).
6. Le lettere degli ultimi anni offrono un’importante testimonianza su eventi cruciali per Nietzsche, quali la scoperta di Dostojevski, ma anche il rapporto epistolare con Brandes, Taine e Strindberg. Ognuno di questi carteggi meriterebbe un’analisi a parte.
7. Se nelle lettere del 1885-1887 predomina la certezza di non essere compreso, il tema della maschera, del recitare la commedia, dell’“inter pares” (si veda ad esempio la lettera scritta alla sorella il 20 maggio del 1885), nelle ultime lettere questa ossessione tende a rovesciarsi nel suo contrario. Ancora in una lettera a Seydlitz del febbraio 1888, la consapevolezza della solitudine ha accenti drammatici:
8. Un animale, quando è malato, va ad acquattarsi nella sua tana; così fa anche la bête philosophe. È così raro che mi arrivi ancora una voce amica. Adesso sono solo, assurdamente solo; e nella mia lotta implacabile e sotterranea contro tutto quello che gli uomini hanno venerato ed amato finora (– la mia formula al riguardo è la «trasvalutazione di tutti i valori») sono diventato io stesso, senza accorgermene, qualcosa come una caverna – qualcosa di nascosto, che non si riuscirebbe più a trovare neppure se ci si desse la pena di cercarlo.Ma non si va alla sua ricerca ... (eKGWB/BVN-1888,989)
9. La chiave di volta per un decisivo cambiamento nella “scoperta” di Nietzsche ha un nome: Georg Brandes. Decisive furono soprattutto le sue lezioni tenute a Copenaghen tra l’aprile e il maggio 1888 sul “filosofo tedesco” Friedrich Nietzsche, con una sala gremita fino quasi a scoppiare. E non è un caso che il riconoscimento di questo ruolo decisivo di Brandes riecheggi ancora in un “lucidissimo” biglietto della follia del 4 gennaio 1889, nel quale l’immagine contenuta nella lettera al barone von Seydlitz viene ribaltata:
10. Al mio amico Georg
11. Dopo che mi hai scoperto, non è stata un’impresa trovarmi: la cosa difficile adesso è perdermi ...
12. Il Crocefisso (eKGWB/BVN-1889,1243)
13. Mentre cresce la consapevolezza di essere finalmente compreso da alcuni “grandi”, Nietzsche comincia a fare i conti con una fama assai diversa da quella che gli arrise ai tempi de La nascita della tragedia, quando era un giovane professore a Basilea. Adesso inizia a profilarsi una dimensione internazionale: Nietzsche ha ammiratori in Danimarca, Scandinavia, Italia, Russia e nel Nordamerica. Per questo comincia a pianificare lucidamente il suo successo, rendendosi conto che le traduzioni delle sue opere hanno da questo punto di vista un valore inestimabile. Ecco perché vorrebbe traduttori-scrittori come Bourget o Strindberg. E Strindberg dal canto suo lo mette in guardia dai traduttori: «Trouver un traducteur Français qui ne dessale le style d’après les règles de l’École Normale rhétorique, ne déflore la virginité de l’expression, est chose impossible» (KGB III/6, p. 383).
14. Nietzsche sa bene che, nel suo caso, “famoso” equivale anche a “malfamato”. L’articolo di Widmann apparso sul «Bund» il 17 settembre 1886, in cui Al di là del bene e del male era stato paragonato alla dinamite impiegata per costruire la ferrovia del Gottardo, lo rende quasi euforico. E tuttavia, in una lettera alla madre, percepisce ancora con un certo disagio il fatto di venir giudicato dalla stampa tedesca come un «essere disumano (Unmensch)», il «Faust del diciannovesimo secolo», meritevole persino di «esser messo alla forca» (eKGWB/BVN-1887,924). Il profilarsi di una rinomanza all’estero, in barba ai «rinoceronti tedeschi», spiega il tono euforico con i suoi interlocutori nelle lettere successive alla primavera del 1888: il suo «“stato attuale”» gli appare «fondamentalmente allegro e malvagio» (eKGWB/BVN-1888,1157) proprio perché l’esaltazione del periodo torinese gli fa comprendere e interpretare in maniera assai diversa il suo passato e il suo futuro.
15. Tra l’altro si accentua con gli anni una peculiare superstizione, la fede in una sorta di provvidenza personale che assomiglia per certi versi a quella di Lichtenberg e che lo porta ad interpretare in modo simbolico tutto quanto gli accade, come se un qualche genio lo guidasse. Così, ad esempio, attribuisce un particolare significato a una spina di pesce che gli si è conficcata in gola; oppure da ultimo alla fruttivendola torinese che sceglie per lui i grappoli d’uva più belli, quasi presagendo la sua natura dionisiaca. In quest’ultimo caso si annota i nomi delle persone che lo hanno scoperto quando ancora non è stato scoperto (eKGWB/BVN-1888,1210). Talora gli accadono davvero, per una qualche genialità del caso, episodi inesplicabili, come la missiva di uno sconosciuto che si perde, vaga per diverse città e infine gli viene spedita dalla madre: questa missiva contiene un passo di Wagner, con i relativi riferimenti bibliografici, e gli giunge proprio nel momento in cui egli si accinge a chiedere alla madre questo stesso passo di Wagner.
16. Esemplare per questo senso della fatalità è anche il rapporto che Nietzsche istituisce con le diverse città o località in cui sceglie di vivere a seconda della stagione, e con cui si potrebbe tracciare una sorta di geografia spirituale: da Genova a Sils-Maria, da Nizza a Torino, senza dimenticare Venezia, le città hanno tutte per Nietzsche una forte valenza simbolica. Non è un caso che si scoprano al centro di numerosi aforismi, poesie o riflessioni filosofiche: la Genova di Colombo, severo emblema della solitudine e delle imprese ardimentose; la Venezia notturna d’acqua e di musica; Sils-Maria situata a 6000 piedi sopra Bayreuth, dove avviene la “rivelazione” dell’eterno ritorno in un paesaggio «così lontano dalla vita, così metafisico» (eKGWB/BVN-1888,1018); Nizza come “Cosmopolis” (eKGWB/BVN-1885,646), Torino aristocratica e autunnale, con i colori di Claude Lorrain e la sua «aria frizzante, leggera, capricciosa, grazie alla quale i pensieri più pesanti mettono le ali...» (eKGWB/BVN-1888,1025): «il primo luogo in cui io sono possibile» (eKGWB/BVN-1888,1022). Ad amici e parenti Nietzsche rende continuamente conto del tormento che implica ogni scelta geografica (con i numerosi tentativi falliti) e del valore che assume per lui la decisione finale. È come se fosse in cerca di luoghi che riflettano di volta in volta il proprio stato interiore, al di là della sua effettiva meteoropatia e delle reali esigenze climatiche che gli impongono una quasi totale assenza di umidità nell’aria.
17. Tra l’altro i diversi luoghi geografici gli ispirano spesso descrizioni in cui sembra divertirsi a esercitare il proprio talento letterario. Lo stile è spesso fantasioso e le immagini fluiscono agili e lievi dalla penna, forse in maniera più disinibita che nelle opere. Si pensi alle descrizioni di una Nizza invernale contemplata come una bella donna:
18. e anche attorno a Nizza le montagne più lontane si sono incipriate di bianco, sembra più una sorta di maquillage di questa bella incantatrice meridionale che non una delle sue cattiverie (di cui del resto è prodiga, comme beauté et comme femme) (eKGWB/BVN-1887,794)
19. O ancora:
20. il cielo di un abbagliante candore, il mare di un blu tropicale, la notte un chiaro di luna da far vergognare e arrossire i lampioni a gas: e io mi aggiro in mezzo a tutto questo come già tante altre volte, rimuginando la nera genia dei miei pensieri... (eKGWB/BVN-1886,780)
21. Le montagne bianche come «civetteria della natura» in un «paesaggio variopinto e sazio di colori» ricompaiono in una lettera di poco posteriore a Overbeck (eKGWB/BVN-1887,790): «Di questa “varietà di colori” fanno parte anche le mie dita blu; come pure i miei pensieri neri».
22. Pressoché onnipresenti sono anche nelle ultime lettere i suoi modelli letterari, con i quali si confronta spesso o dai quali prende a prestito formulazioni incisive. Ad esempio riecheggia l’abate Galiani per definire lo stile della Genealogia della Morale in una lettera a Widmann (eKGWB/BVN-1888,985), allorché dichiara di aver superato la «raffinata neutralità» di Al di là del bene e del male in favore di un «Allegro feroce» e della «passione nue, crue, verte» (così definiva Galiani il proprio machiavellismo in una lettera del 5 settembre 1772). La formulazione viene ripresa nella traccia autobiografica che Nietzsche invia a Brandes il 10 aprile 1888, nella quale descrive il proprio talento nel resistere anche per due giorni di fila, con la massima lucidità, alla sofferenza «cru, vert» (eKGWB/BVN-1888,1014). Non manca nelle lettere l’uso ironico di espressioni bibliche: «“mosso dallo spirito”»[4] per descrivere il proprio stato di ispirazione, che più oltre paragonerà alla caccia ai camosci del suo padrone di casa a Sils (eKGWB/BVN-1888,1102). Per descrivere la fiducia che ha in lui l’editore Credner (eKGWB/BVN-1886,678) usa l’espressione «non avevo trovato ancora una fede simile in Israele»[5]. Di Brandes elogia la tolleranza nei confronti del “moderno” e dei suoi rappresentanti, come Paul Heyse: «Come lascia venire a sé tutti questi “bambini”»! (eKGWB/BVN-1888,997). Conclude una lettera a Fuchs dell’aprile 1886 (eKGWB/BVN-1886,688) riferendo a se stesso il passo della Genesi «ramingo e fuggiasco sarai sulla terra»[6]. Il tema di Caino ritorna in una famosa definizione goethiana che Nietzsche usa per descrivere ancora se stesso, come nella lettera a Deussen del 22 luglio 1888 (eKGWB/BVN-1888,1068): «Serbami il Tuo affetto e credi nell’amore di un vecchio “essere disumano” e “senza dimora”, per dirla con G<oethe>»[7].
23. Di Stendhal utilizza un’espressione assai significativa: il «coraggio del ... cattivo gusto» (eKGWB/BVN-1886,779). Si tratta di un’espressione che Matilde usa a proposito di Julien Sorel, il quale a differenza dalle “pecore eroiche” come suo fratello non avrebbe paura di dar prova di cattivo gusto neppure nella sua ultima ora[8]. Nietzsche la utilizza per esortare Köselitz ad affermare le proprie inattuali tendenze antiwagneriane[9], rendendosi conto che “ciò che è più proprio”, cioè lo stile di Köselitz, risulta necessariamente “più estraneo” in un clima di wagnerismo imperante: «Cosa è accaduto dentro di Lei quando ha trovato il coraggio del Suo gusto attuale?». Per questo lo sollecita ripetutamente a crearsi un’estetica per la propria musica, scegliendosi i propri modelli in ambito letterario: la Novella del leone di Goethe e La tarda estate di Stifter (eKGWB/BVN-1889,834). Anche in Spitteler, cui procura un editore per i suoi scritti di estetica, pensa di trovare un importante alleato in questa ridefinizione del gusto. Per quanto riguarda Köselitz, Nietzsche in una lettera alla madre lo descrive con un’intonazione comica che appare quasi involontaria a dispetto della reale preoccupazione per le sorti dell’amico:
24. Ma un musicista la cui musica non piace a nessuno, e che resta rannicchiato in un angolo, è una figura ridicola, come una ballerina con la quale nessuno vuol danzare, per quanto si sia acconciata con grazia (eKGWB/BVN-1887,796)
25. La tendenza all’umorismo si affianca a un’intenzione più volte dichiarata nelle opere, soprattutto quella in cui lui mette in scena se stesso, Ecce homo. In una lettera in cui confessa a Overbeck di sentirsi come «un animale che venga continuamente ferito con indicibile accanimento» dalla mancanza di echi o di risposte allo Zarathustra, definisce tuttavia il Caso Wagner «un piccolo pamphlet ... che sembra ispirato dall’umore più lieto: anche l’allegria stordisce». E aggiunge: «rido davvero molto quando compongo cose simili» (eKGWB/BVN-1888,1067). Significativo anche il motto ripreso dalle Satire di Orazio: «ridendo dicere severum» (eKGWB/BVN-1888,1089). Nietzsche esorta a non trascurare il fatto che, in ogni caso, si tratta di cose tremendamente serie e raccomanda a Burckhardt di non lasciarsi ingannare dall’intonazione leggera e ironica di questo scritto. Quando conclude una lettera alla sorella affermando che il rapporto tra lui e il presente è di «lotta al coltello», si rende conto con malcelata allegria che questo sembra un «finale un po’ da pellerossa» (eKGWB/BVN-1888,1112). Il tono irridente e dissacratorio, che riaffiora anche in circostanze drammatiche, ricalca quello suoi grandi modelli letterari francesi, tant’è che ritorna, riferito a se stesso, il termine “gaillard”. Si pensi alla folle, quasi infantile ilarità – pari al cinismo di un abate Galiani – con cui Nietzsche riferisce a amici come il barone von Seydlitz, il presidente del circolo wagneriano, gli effetti del terremoto di Nizza:
26. Viviamo infatti nella interessantissima attesa di colare a picco – grazie a un ben intenzionato terremoto che fa ululare in lungo e in largo non solo i cani. Che divertimento quando le vecchie case sopra le teste sferragliano come macinini da caffè! Quando il calamaio si muove da solo! Quando le strade si riempiono di figure seminude in preda al panico e di sistemi nervosi sconquassati. Stanotte, verso le due e le tre, comme gaillard, quale sono, ho fatto un giro d’ispezione nelle diverse parti della città, per vedere dove si aveva più paura [...]. Ho trovato tutti i miei amici e le mie amiche miserabilmente sdraiati sotto gli alberi, tutti avvolti nella flanella perché c’era un freddo pungente, con tetri pensieri di morte a ogni minima scossa. [...] a parte una vecchia signora molto devota, che è convinta che il buon Dio non può farle niente di male, io ero l’unica persona allegra in mezzo a un’infinità di larve e «cuori sensibili» (eKGWB/BVN-1887,807)
27. Nella successiva lettera a Emily Fynn, il tono si fa più serio e pensoso, ma alla fine riemerge incontenibile la vena ironica:
28. I giornali hanno tremendamente esagerato; mentre mi sembra che gli eventi davvero strazianti che si sono verificati nelle piccole località costiere tra Genova e Sanremo abbiano coinvolto troppo poco l’opinione pubblica. [...] (La casa in cui hanno visto la luce due delle mie opere ha subito delle scosse che l’hanno danneggiata al punto da dover essere demolita. A trarne vantaggio saranno i posteri, che avranno un luogo di pellegrinaggio in meno da visitare).
29. L’ironia, o meglio, l’autoironia, si riaffaccia ancora a conclusione di questa lettera, in cui augura a stesso il «perdurare di sentimenti così benevoli» (eKGWB/BVN-1887,812).
30. L’occasione di strali feroci nei confronti dell’assetto politico e del clima spirituale in Germania gli viene offerta da una lettera del barone von Seydlitz che, oltretutto, col suo tono scanzonato fornisce quasi sempre a Nietzsche il la e il registro stilistico delle risposte. Nella sua lettera del 6 gennaio, Seydlitz lamenta «un’impotenza spirituale» che dura da mesi forse a causa «di demenza senile, imbecillità cronica o peste bovina», in quanto incapace persino di «simulare un pensiero, figuriamoci di concepirlo, comunicarlo o covarlo». Alla fine formula un sospetto: «non mi mancherà mica il sole che risplende da te? Se me ne convinco, faccio i bagagli e vado in Egitto. Il denaro necessario lo rubo da qualche parte. [...] Mi sento come il figlio negli Spettri di Ibsen» (KGB III/6, p. 6-7)[10]. Nietzsche risponde a von Seydlitz il 24 febbraio 1887 (è la stessa lettera in cui gli descrive gli effetti del terremoto), ma il tono faceto viene via via sopraffatto da una reale indignazione:
31. Fortunatamente, caro amico, la Tua lettera nel Tuo caso non ha dimostrato affatto quod erat demonstrandum: per il resto però Ti do completamente ragione, le infauste influenze del cielo coperto, del clima durevolmente freddo ed umido, della vicinanza di bavari e birra bavarese – ammiro qualsiasi artista tenga testa a questi nemici, per non parlare poi della politica tedesca, che è un altro tipo di inverno permanente e cattivo tempo. Negli ultimi 15 anni la Germania mi sembra diventata una vera e propria scuola del rincretinimento. Acqua, melma e letame da ogni parte: e il sorriso ebete del vecchio Guglielmo che si libra su queste acque – ecco l’impressione che se ne ricava da lontano. Ti prego mille volte di scusarmi se con questo offendo i Tuoi sentimenti più nobili, ma non ho più alcun rispetto per questa Germania del presente, per quanto si irrigidisca puntando le armi come un porcospino. Rappresenta la forma più stupida, più degenerata, più falsa dello «spirito tedesco» che ci sia mai stata sino ad ora – e quante cose assolutamente prive di spirito non ha preteso di raggiungere questo «spirito»! Non perdono a nessuno di scendere a patti con lei, si chiami pure Richard Wagner, specialmente quando questo viene fatto in maniera così vergognosamente ambigua e accorta come quel che è riuscito a realizzare negli ultimi anni della sua vita il furbo, troppo furbo adoratore della «pura follia» – – (eKGWB/BVN-1887,807)
32. L’allusione al “puro folle”, cioè al Parsifal, rimanda al problema aperto e irrisolto che attraversa molte lettere (in particolare il carteggio con Fuchs e quello con Köselitz), prima che Nietzsche lo affronti una volta per tutte nel Caso Wagner. Sono note le splendide osservazioni che Nietzsche dedica al preludio del Parsifal, in cui paragona Wagner a Dante (eKGWB/BVN-1887,793); o quella in cui definisce Bizet l’«antitesi ironica di <Wagner>» (eKGWB/BVN-1888,1214)[11]. Ben diverso è l’atteggiamento di Nietzsche nei confronti del wagnerismo, che lo porterà a chiudere con gli amici di una vita, come Malwida. Il wagnerismo di Malwida finisce per sovrapporsi al suo idealismo ed è per Nietzsche in definitiva una «“ambiguità”» il non volere vedere le cose come sono (eKGWB/BVN-1888,1132). Quando gli arriva la notizia della morte di Liszt, Nietzsche stabilisce una significativa equazione: il wagnerismo di Malwida viene paragonato alla religione cattolica e all’avvicinamento a Roma di Liszt. All’interno di queste considerazioni assume un significato profondo e particolarissimo la conclusione:
33. l’odierno wagnerismo mi sembra un inconsapevole avvicinamento a Roma, che opera dall’interno ciò che Bismarck fa dall’esterno.
34. Persino la mia vecchia amica Malwida - ah, Lei non la conosce! [ricordo che la lettera è indirizzata a Malwida] - è fondamentalmente cattolica in ogni istinto: come dimostra anche la sua indifferenza per quel che riguarda formule e dogmi. Solo una ecclesia militans ha bisogno dell’intolleranza; mentre la profonda tranquillità e sicurezza della fede consente la scepsi, la mitezza nei confronti degli altri e del diverso ... (eKGWB/BVN-1886,756)
35. Nietzsche si vendicherà per l’incrollabile fedeltà a Wagner della vecchia amica, colpevole tra l’altro di aver sorriso di lui (eKGWB/BVN-1888,1177) immaginandosela come Kundry che ride (eKGWB/BVN-1888,1157), e questa trovata gli impedisce per quattro giorni di imprimere un’espressione seria al proprio viso.
36. Seydlitz è sicuramente il destinatario delle lettere più scanzonate di Nietzsche. Si veda anche una lettera del 13 settembre 1888, in cui gli annuncia la Trasvalutazione di tutti i valori, Il caso Wagner (sottolineando che «le malelingue leggono “La caduta di Wagner”») e l’Ozio di uno psicologo (ovvero parte iniziale del Crepuscolo degli idoli) :
37. sembra proprio che alcune cose dirette a Monaco quest’anno non siano arrivate: al deficit monacense – lo dico con molto rincrescimento – devo aggiungere me stesso. Come tutti sanno, quest’estate è stata scandalosa: ammiro la mia pazienza, avrei avuto buoni motivi per perdere tante di quelle staffe da riempirci la mia camera. Da ultimo l’Engadina si è allagata per un accesso di idropisia, e ci è mancato poco che diventassimo tutti dei pesci. [...] – La mia economia interiore è interamente al servizio di un’impresa estrema, che come titolo librario si può condensare in tre parole: Trasvalutazione di tutti i valori. Medito spesso sulle contromisure che inventerà per me la tolleranza europea: costruire appositamente una piccola Siberia con una struttura artificiale di ghiaccio (e gelato), per potermi confinare in Siberia...
38. Questo non esclude che io abbia commesso un paio di allegri misfatti.[....] Tra l’altro dico la verità in faccia ai tedeschi in modo tale che le maestà giapponesi[12] dovrebbero concedere anche a me un qualche onore o una qualche lettera autografa. Alludo in tutta modestia al fatto che lo «spirito», il cosiddetto «spirito tedesco» se n’è andato a spasso e se ne sta in villeggiatura da qualche parte – in ogni caso non dentro il «Reich» – forse piuttosto a Sils-Maria...(eKGWB/BVN-1888,1110)
39. Un tono allegro, non privo di una vena comica e surreale lo si scopre in una breve missiva del 6 settembre 1888, nella quale Nietzsche reagisce piuttosto drasticamente a una lunghissima lettera di Fuchs[13]:
40. Caro amico,
41. nei prossimi giorni lascerò Sils; visto che per lungo tempo avrò bisogno di un profondo raccoglimento, mi renderò ancora una volta, in ossequio alla mia pratica di vita claustrale, irreperibile per ogni genere di visite – lettere comprese. Davanti a me c’è già un pacco di missive non lette: temo che fra queste ve ne siano due delle Sue. – Da ultimo non Le nascondo il mio sospetto: non tratteranno mica del benedetto «fraseggio»? Nel qual caso ci sarebbe da chiedersi in tutta serietà se non siano state inviate all’indirizzo sbagliato. Lettere sul «fraseggio» al filosofo della trasvalutazione di tutti i valori! ... A Nizza si vorrebbe assolutamente che mi interessassi ai marziani; là posseggono il telescopio più potente d’Europa per questo pianeta. Domanda: che cosa mi riguarda più da vicino, i marziani o il fraseggio? – Mi farebbe piacere continuare a interessarmi del Dr. Fuchs, escludendo tuttavia i suoi marziani... [...]
42. NB. Qui a Sils stanno cercando di attirare il mio interesse sulla più grande trota che sia mai stata pescata, 30 libbre di peso; chissà, in questo caso, posto che si accompagnasse a una buona sauce Mayonnaise... (eKGWB/BVN-1888,1101)
43. Infine, nel ventaglio dei registri ironici, non si può tralasciare il feroce sarcasmo con cui risponde in due lettere del marzo 1887 (eKGWB/BVN-1887,819 e 823) a Theodor Fritsch[14] rimandandogli indietro i tre numeri della «Antisemitische Correspondenz», che tuttavia gli hanno consentito «di gettare uno sguardo nel guazzabuglio di princìpi che sta alla base di questo bizzarro movimento». In particolare Nietzsche attacca la «smania disgustosa di noiosi dilettanti di voler dire la loro sul valore di uomini e razze», come pure «queste continue e assurde falsificazioni e manipolazioni di concetti vaghi come “germanico”, “semitico”, “ariano”, “cristiano”, “tedesco”» (eKGWB/BVN-1887,823)[15]. Nella prima lettera Nietzsche scrive:
44. Non sono avvezzo a mettere in campo la simpatia o l’antipatia in questioni così serie: come si conviene alla disciplina e alla moralità dello spirito scientifico e – in fin dei conti - anche al suo gusto.
45. Devo inoltre ammettere che mi sento troppo estraneo allo «spirito tedesco» di adesso per poter guardare alle sue particolari idiosincrasie senza perdere la pazienza. Tra queste annovero in particolare l’antisemitismo. Ai «testi classici» di questo movimento, che vengono decantati a p. 6 del Suo pregevole giornale, devo persino qualche sollazzo: oh se Lei sapesse quanto ho riso, la primavera scorsa, per i libri di quella testa balzana, tanto boriosa quanto sentimentale, che ha nome Paul de Lagarde! Evidentemente mi manca quell’«altissima prospettiva etica» di cui si parla in quella pagina.
46. Mi resta solo da ringraziarLa per il benevolo presupposto che «non sono state considerazioni di carattere sociale a fuorviarmi e a spingermi a giudizi distorti»; e forse può servire a tranquillizzarLa se aggiungo, da ultimo, che non ho nessun ebreo tra i miei amici. Ad ogni modo anche nessun antisemita.
47. Potrebbe intravedersi nella mia vita una qualche probabilità che mi vengano «tarpate le ali» per mano di chicchessia? – – (eKGWB/BVN-1887,819)
48. Sulla questione del nazionalismo e dell’antisemitismo vale la pena di ricordare che Nietzsche respinge anche la rivista «Kunstwart» di Ferdinand Avenarius («il foglio suona il corno dell’esaltazione germanica»), anche perché non perdona a «questo ebreo» di aver affossato Heine (eKGWB/BVN-1888,1066). Sul tema Heine Nietzsche esprime un giudizio – questa volta in tono serissimo – in cui affiora ancora una volta il suo straordinario intuito e la sua preveggenza, soprattutto quando esorta a scindere il valore reale di uno scrittore dal suo significato pedagogico. Per certi versi si ripropone la divaricazione della Terza Considerazione Inattuale in cui si affermava il valore di Schopenhauer come educatore, nonostante Nietzsche oramai respingesse i suoi principi filosofici. In questa lettera Nietzsche riconosce a Heine e a Lessing un importante ruolo di educatori (forse anche come antidoto contro il wagnerismo), ma il loro significato per lo spirito tedesco viene affermato, in polemica con Victor Hehn, di fronte a un colosso inattaccabile come Goethe:
49. A Torino ho letto appositamente a tale scopo il libro dell’esecrabile Hehn: a questo signore [...] probabilmente non è neanche passato per la testa che il valore culturale di un artista o di un pensatore nei riguardi del suo popolo non coincida affatto col suo valore in sé – e che ad es. i tedeschi debbano essere più grati a Lessing e a Heine che non ad es. a Goethe – di loro hanno avuto più bisogno (eKGWB/BVN-1888,1065)